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Fondo Besta Bonadei

Descrizione completa del Fondo

Il Fondo Besta Bonadei, composto da lettere, documenti e un diario, costituisce un’importante e prismatica testimonianza della vita quotidiana di una delle più illustri famiglie aristocratiche valtellinesi. Nonostante le spoliazioni dell’esercito napoleonico abbiano impoverito i nobili valtellinesi, i Besta possono vantare un discreto status sociale, anche se la situazione finanziaria familiare è tale per cui Giacomo Enrico Besta, il patriarca, deve lavorare dapprima come impiegato comunale, poi come maestro. Dall’unione con Teresa Bonadei nascono i figli Carlo, Francesco, ufficiali di carriera, Fabio, studioso di economia e considerato padre della moderna ragioneria, Erminia e Giannetto, insegnanti.
Le vicissitudini dei diversi componenti della famiglia fanno sì che si trovino spesso lontani da casa e comunichino tra loro tramite lettere, che sono state raccolte e conservate da Erminia. Ad esse si accompagnano alcuni documenti e, soprattutto, un diario dedicato ai figli da Teresa Besta Bonadei negli ultimi anni di vita.

I documenti coprono un arco temporale che va dal 1859 al 1913, comprendente le ultime due guerre d’indipendenza e il primo cinquantennio del Regno d’Italia.
Sono molte le notizie che trascendono l’ambito strettamente familiare e accennano ad avvenimenti storici. In  particolare nelle lettere tra Carlo, Francesco e i genitori, risalenti al periodo 1859-1866, sono riportati gli eventi risorgimentali vissuti dai fratelli che prestano servizio militare.
Si trovano inoltre accenni ai trasporti, all’economia, alla medicina dell’epoca, utili per una maggiore comprensione della società valtellinese della seconda metà dell’Ottocento. Ampio spazio è dedicato anche alle curiosità e alle notizie locali; soprattutto nelle lettere di Erminia è riscontrabile una consistente messe di informazioni riferibili a Bormio (tra cui uno dei primi accenni al liquore Braulio), in virtù del suo trasferimento in Alta Valtellina presso la famiglia del marito Cesare Romedi.

Besta Bonadei
La famiglia Besta è una famiglia aristocratica tellina. Nonostante le spoliazioni dell’esercito napoleonico abbiano impoverito i nobili valtellinesi, i Besta possono vantare una discreto status sociale. La situazione finanziaria familiare è comunque tale per cui, Giacomo Enrico Besta, il patriarca, deve lavorare dapprima come impiegato comunale, poi come maestro. La famiglia è formata dai genitori Giacomo Enrico Besta e Teresa Bonadei, e dai figli Carlo, Francesco, Fabio, Erminia e Giannetto. Data l’intricata situazione epistolare, non univoca, che coinvolge diversi membri come mittenti e/o destinatari, si forniscono alcuni cenni biografici per ognuno di essi.
Besta Bonadei, Teresa
Di famiglia nobile, imparentata con i Ligari, sposa sul finire degli anni Trenta Giacomo Enrico Besta, da cui ha cinque figli. Volendo garantire maggiori entrate, a cinquant’anni supera gli esami magistrali alla Scuola Normale Superiore di Como ed esercita la professione di maestra a Sondrio, dove si trasferisce. Su sollecitazione dei figli scrive un’autobiografia, contenuta nel quaderno che fa parte del Fondo, in cui racconta le vicende familiari.
Besta, Carlo <1840-1880>
Figlio primogenito di Giacomo Besta e Teresa Bonadei, intraprende a Pavia gli studi filologici, forte anche della presenza nella medesima città dello zio materno Carlo Bonadei. In seguito alla chiusura dell’ateneo ad opera degli austriaci, a soli diciotto anni si arruola con il fratello Francesco per prendere parte alle guerre di liberazione. L’orientamento politico familiare, di natura conservatrice, fa sì che non militino nelle truppe garibaldine ma che siano invece inquadrati nel regio esercito, grazie anche all’amicizia e alla protezione del conte Luigi Torelli. Carlo entra dunque in Accademia a Novara nel 1859 e, una volta divenuto ufficiale, combatte la II Guerra d’indipendenza. Dopo un primo periodo trascorso al Nord, è trasferito a Palermo all’inizio degli anni Sessanta (sicuramente dal 1862 ma potrebbe anche trattarsi del 1861, anno del quale non risultano missive). Lì deve misurarsi con una situazione complicata dalle rivolte dei briganti e dalla generale insofferenza siciliana verso l’occupazione piemontese. Nel 1866 è trasferito a Genova fino a giugno, quando insieme al grosso dell’esercito sabaudo viene schierato sulla linea del Po. Da lì, probabilmente agli ordini del generale Lamarmora, partecipa alla battaglia di Curtatone e si attesta sulla linea dell’Oglio (la guerra si sposterà nelle sue fasi finali allo Stelvio, dove però non sarà trasferito). Dopo la guerra prosegue la carriera militare percorrendo i gradi fino alla nomina a maggiore. È ricordato per l’invenzione del telemetro a doppio sestante, mai entrato nell’uso, ma di cui l’Istituto Geografico Militare possiede un esemplare. È padre di Enrico, celebre storico del diritto. Muore nel 1880 in seguito a una caduta da cavallo.
Besta, Francesco <1843-1908>
Secondo figlio di Giacomo Besta e Teresa Bonadei, insieme al fratello maggiore Carlo, a sedici anni entra nell’esercito, militando dapprima in Lombardia, senza tuttavia prendere parte ad alcuna battaglia. Nelle lettere del periodo, lamenta spesso che, data la giovane età, egli non venga mai promosso; nel 1860 arriva la nomina a caporale e nel 1862 quella a tenente. Non è chiaro dove presti servizio mentre Carlo è a Palermo; certo è che mentre il fratello maggiore è alloggiato a Genova nel 1866, egli si trova a Bologna prima di essere anche lui trasferito sulla linea del Po, agli ordini non del generale Lamarmora ma di Cialdini. Dopo la guerra rimane militare in carriera prestando servizio prima in Piemonte, poi a Napoli, Catanzaro, Brescia, Venezia, fino ad entrare al comando di Stato Maggiore a Roma nel 1881 e divenire colonnello nel 1907. Sembra aver avuto una relazione prima sentimentale poi d’amicizia con Lucy Burlamacchi, una nobildonna vedova probabilmente di origine inglese, con la quale intrattiene uno scambio epistolare tra 1884 e 1894. È inoltre pittore dilettante piuttosto apprezzato, come attestano le molte lettere di ringraziamento.
Besta, Fabio
Terzogenito di Giacomo Besta Teresa Bonadei, frequenta la Scuola Reale per computisti e ragionieri, per poi diplomarsi maestro elementare alla Scuola Normale di Treviglio nel 1864. Nel 1866 si arruola con il grado di sergente maggiore nella Guardia Nazionale, in cui svolge compiti per lo più contabili ed organizzativi, senza trovarsi in prima linea sullo Stelvio. Concluse le ostilità, nel 1869 consegue il diploma di ragioniere presso l’Istituto Commerciale di Sondrio e nel 1871 inizia a insegnare ragioneria. Nel 1872 riceve da Luigi Luzzatti l’invito a diventare docente nella nuova Scuola Superiore di Commercio in Venezia, incarico che accetta e ricopre fino al 1919. Dal 1886 inizia a scrivere il Corso di Ragioneria, pubblicato da Vallardi nel 1932. Nel 1917, per le minacce che incombono su Venezia dovute allo sfondamento delle linee italiane, la scuola è trasferita a Pisa, dove trova il nipote Enrico, figlio di Carlo, insigne professore di giurisprudenza. Nel 1920 è collocato a riposo e l’anno successivo nominato professore emerito. Ritiratosi a Tresivio, muore nel 1922. È considerato il padre della moderna ragioneria.
Besta Romedi, Erminia
Figlia di Giacomo Besta e Teresa Bonadei, trascorsa la giovinezza e gli studi, nel 1875 sposa Cesare Romedi, professore bormino, che muore dopo due anni, poco prima della nascita del figlio chiamato anch’egli Cesare. All’inizio del 1878 si trasferisce quindi a Bormio, dalla famiglia del marito, dove intraprende l’insegnamento che poi esercita stabilmente dal 1885 o 1886, quando ottiene, più che trentenne, l’abilitazione e viene trasferita ad Avezzano (AQ) come direttrice del convitto della locale scuola magistrale. Nel 1889 fa finalmente ritorno in Valtellina con una nomina a Sondrio, dove diventa direttrice della Scuola Normale. A lei si deve la raccolta e la conservazione delle carte di famiglia a noi pervenute.
 
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