Economista e uomo politico socialista. Nel 1898 fu costretto a lasciare l'Italia per sfuggire a una condanna inflittagli per avere promosso a Napoli una manifestazione di protesta contro la repressione di Milano; riparò in Svizzera e a Parigi, dove conobbe Sorel (vedi) e Lagardelle (vedi).
Tornato in patria nel 1900, fondò a Milano l'"Avanguardia socialista" (dicembre 1902- ottobre 1906), il principale organo del sindacalismo rivoluzionario in Italia. Nel 1907 lasciò il partito socialista per aderire a tendenze più moderate; sostenne la guerra libica e nel 1913 fu eletto deputato come socialista indipendente vicino alla corrente riformista.
Favorevole nel 1915 all'entrata in guerra dell'Italia, prese parte al conflitto come ufficiale di fanteria e dopo il febbraio del 1917 fu inviato da Sonnino in Russia con l'incarico di fare propaganda per il proseguimento della guerra. Eletto ancora al parlamento nel 1919, dal giugno 1920 al luglio 1921 fu ministro del Lavoro e della Previdenza sociale nel governo Giolitti.
Avversò apertamente il fascismo fin dal suo sorgere e nel 1926 dovette espatriare una seconda volta; si recò in Francia e in Belgio, da dove rientrò dopo la crisi etiopica, tenendosi lontano da ogni attività politica fino alla caduta del regime. Reintegrato nel 1945 nell'insegnamento di economia all'Università di Messina, che aveva dovuto abbandonare nel 1926, fu membro della Consulta, deputato alla Costituente e senatore di diritto nella legislatura 1948-1953.
Dei suoi numerosi scritti economici e politici si ricordano: La teoria del valore di K. Marx (1899), Il capitalismo (1910), Le due politiche: fascismo e riformismo (1923), La dittatura della borghesia (1924), Le crépuscule de la civilisation (scritto durante l'esilio, 1937), L'attualità di Marx (1945), Spiegazioni a me stesso (di carattere autobiografico, 1945).
Durante il suo primo esilio in Svizzera nel 1898, Labriola conobbe Pareto, che cercò di aiutarlo proponendogli una traduzione compendiosa del Capitale di Marx e affidandogli lavori e ricerche. Tuttavia, i giudizi di Pareto sul Labriola furono tutt'altro che lusinghieri: "Il tuo Labriola avrà ingegno ma ragiona molto male, come un metafisico. Gli ho pretato un libricino dello Herschel perché impari l'indole dei ragionamenti della scienza positiva, ma temo che sarà inutile" (lettera a M. Pantaleoni, 23 giugno 1898 in V. Pareto, OC, t. 28.2, 1984, p. 212-213). "Io ho avuto il torto di essere benevolo verso il prof. Labriola, perché me lo raccomandavi tu. Ma ora che non lo difendi più, se mi secca, gli dirò la verità, cioè che è una bestia" (lettera a M. Pantaleoni, 20 ottobre 1898, in Idem, OC 28.2, 1984, p. 242).