Imprenditore. Ufficiale di Marina a Venezia, all'inizio degli anni Cinquanta dell'Ottocento aprì nel capoluogo veneto una fabbrica di fiammiferi con una succursale a Murano.
Si trasferì quindi a Napoli, dove si distinse nal campo della realizzazione delle linee telegrafiche: nel 1856 progettò e realizzò quella tra Cosenza e Reggio Calabria e qualche anno più tardi vinse l'appalto per la costruzione della rete siciliana. Assai apprezzato dal re Ferdinando di Borbone, eseguì per lui la posa del cavo tra Napoli e la residenze reale di Ischia prima di essere nominato ispettore generale del servzio telegrafico per il Regno delle Due Sicilie.
Di questo periodo è lo scritto Cenni storici sulla telegrafia elettrica nelle due Sicilie dalla sua istituzione fino ai nostri giorni, stampato a Napoli nel 1861.
Nel 1863 il Bozza prese in affitto l'officina per la fabbricazione di locomotive di Pietrarsa in Campania, ma lasciò subito l'incarico di direttore in seguito ai gravi incidenti che scoppiarono tra gli operai e al tentativo di attentato di cui fu vittima.
Si spostò quindi a Piombino dove, all'inizio del 1865, partecipò con A. Gigli, A. Ponsard e A. Novello all'iniziativa che diede vita alla Magona d'Italia. Ma pochi mesi dopo si ritirò dall'affare per fondare, sempre a Piombino, la società individuale denominata La Perseveranza, un complesso siderurgico, dotato di due laminatoi, che produceva rotaie, piastre, ferri a T, spranghe, corazze e speciali proiettili - di cui Bozza è considerato l'inventore - per la loro foratura.
In questo periodo si dedicò anche all'attività politica a livello locale, ricoprendo le cariche di consigliere (dal 1866 al 1872) e assessore del Comune di Piombino.
Quando, nel 1873, La Perseveranza fu trasformata in società anonima, il Bozza lasciò l'impresa per trasferisrsi a Tarquinia, dove diede vita a una nuova azienda individuale per la produzione del ferro a pacchetto. Le costanti difficoltà economiche lo costrinsero, tra il 1878 e il 1879, a cedere in affitto la ferriera alla Banca Generale (vedi), che gli affidò il lavoro a cottimo del ferro mercantile per conto della Società delle Ferriere. Alla sua morte gli succedette il figlio Alessandro.
Il Bozza sostenne sempre la necessità di poter disporre del ferro dell’Isola d’Elba (le cui miniere erano in affitto a imprese straniere per gli alti canoni imposti dal governo) mediante agevolazioni statali concesse all’industria italiana.
È autore di Sulla fabbricazione in Italia delle piastre di corazzatura e delle rotaje in acciaio in condizioni da sostenere la concorrenza estera (1877).
Cfr. A. Nesti, Jacopo Bozza. Imprenditore siderurgico nell'Italia post unitaria, in "Ricerche storiche", a. 40, n. 3 (set-dic 2010), p. 533-545; G. Robecchi, L'industria del ferro in Italia e l'officina Glisenti a Carcina, Milano, Amministrazione del Politecnico, 1868, p. 6.